In questo modo Mosca finanziava il PCI

ROMA – Ventitré milioni e 300 mila dollari in sette anni. Dal ’70 al ’77 questa è la cifra versata dai sovietici ai comunisti italiani, secondo quanto si ricava dal “rapporto Impedian numero 122” del dossier Mitrokhin. Ventitrè milioni di dollari, con un andamento irregolare negli anni, corrisposti nel giardino della villa dell’ambasciatore dell’Urss a Roma nelle mani, in una prima fase, di Anelito Barontini, funzionario del partito e uomo al quale Armando Cossutta, che sovraintendeva al flusso finanziario delegava le delicate funzioni.

E’ Cossutta che tiene i conti, Cossutta che chiede di aumentare i finanziamenti (nel 1970, poi nel 1974), sempre Cossutta che viene convocato all’ambasciata da Rizhov, l’ambasciatore, funzionario del comitato centrale del Pcus, e da Genrikh Pavlovich Smirnov, primo segretario dell’ambasciata, funzionario del dipartimento internazionale del Pcus al momento in cui i dollari giungono in Italia. Chi riceve i soldi (Barontini) firma le ricevute e va.

L’informativa descrive meticolosamente le modalità del trasferimento del danaro. Da Mosca arriva al “Centro” del Kgb romano la notizia della disponibilità della somma. L’ambasciatore o il primo segretario lo comunica a Cossutta. L’esponente politico allerta Barontini, in codice col nome “Klaudio”, che deve effettuare la delicata missione di trasporto. Si legge dal rapporto: “Si trattava di un metodo da lungo tempo sperimentato. Si riteneva poco intelligente coinvolgere il residente del Kgb nel caso esistessero dei funzionari del controspionaggio nei ruoli guida del Pci”. Si voleva dunque evitare l’ipotesi, quantunque remota, di essere intercettati da funzionari di Botteghe oscure al servizio del controspionaggio italiano e perciò nemici. E allora si conveniva di realizzare l’operazione secondo modalità sperimentate, che il rapporto illustra: “L’operazione (avveniva) in serata nei giardini della villa dell’ambasciata sovietica. “Klaudio” doveva entrare in macchina nei giardini dopo aver effettuato controlli di controsorveglianza”. Bisognava infatti “concludere l’operazione nella villa e non in città”, perchè dava meno nell’occhio, “era normale per funzionari del Pci capitare nella villa …”. “Klaudio” raggiungeva l’ambasciata da solo alla guida, con una macchina di scorta del partito che lo seguiva e che provvedeva a tutelare la sua incolumità fino alla destinazione finale.

Ciò nonostante i sovietici ritengono ad alto rischio l’operazione. Nel ’76 il Kgb, in un incontro con Guido Cappelloni, si decidono altri sistemi per garantire la sicurezza e la riservatezza del trasbordo. Il luogo convenuto non è più l’ambasciata, ma zone presumibilmente esterne alla residenza diplomatica. L’area viene bonificata congiuntamente da sovietici e italiani: due auto, una del Kgb e l’altra di Botteghe oscure fanno opera di “controsorveglianza”. Malgrado l’aumento dell’attenzione il Kgb insiste perchè la frequenza della consegna dei dollari sia ridotta a 2-3 volte l’ anno, invece che ogni due mesi. E’ Vladimir Zagladim, uomo del Pcus, a indicare le diverse modalità di pagamento, garantendo che il saldo finale di quanto convenuto non muta.

Anche i sovietici vengono burlati dai falsari. Nel 1969 (ma il rapporto non indica la somma stanziata in quell’anno) e nel 1972 molti biglietti da 100 dollari risultano falsi. Ci sono i soldi, ma ci sono anche le aziende con una sostenuta attività di export. Infatti in quegli anni il rapporto finanziario con Mosca si articola anche in varie società commerciali, partecipate dal Pci, che hanno in Urss quote importanti del fatturato. Attività descritte così nel dossier: “Distribuzione di petrolio dall’Urss all’Italia attraverso il gruppo Monti; acquisto di tre trasportatori di ammoniaca dalla società Efim-Breda; costruzione di alberghi in Urss; fornitura di componenti atomiche; cooperazione ad ampio raggio con la società Finmeccanica…”. Anche i socialisti del Psiup hanno chiesto e ottenuto attenzione economica dal Kgb. Quasi quattro milioni di dollari (rapporto numero 126), tra il 69 e il 72, sono giunti nelle casse del Partito socialista di unità proletaria, consegnati a Francesco Lami, nome in codice “Aleksandr”. La fonte è un ex agente, “di provata affidabilità”. E, con il Psiup, pure i comunisti di San Marino hanno ricevuto un po’ di sollievo: 100mila dollari è il conto tra il ’70 e il ’77

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